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La fanciulla non si era mossa; non aveva visto nè udito nulla. Aveva l’immobilità di una statua.

— Nora! — chiamai ad alta voce.

Si scosse, volse attorno una rapida occhiata e fermò sopra di me le sue pupille scintillanti.

Presi uno sgabello e sedetti vicino a lei; restavo molto più basso; la mia testa era a livello delle sue spalle.

— Nora — continuai — perchè fate tante stranezze? Non amate più vostra madre e vostra sorella? Sapete che ci addolorate molto?

Un lieve rossore le passò sulle guance, ma non rispose.

— Siete una bella ragazzina, cara, intelligente; potreste essere anche buona... come vi si amerebbe allora! Rispondete dunque, volete essere buona?

Uno scoppio di pianto altissimo, irrefrenabile, l’agitò tutta. Mi buttò le braccia al collo, premendo sulla mia bocca la sua faccia inondata di lagrime e mormorando:

— Non posso, non posso!

Mi era quasi sui ginocchi.

Le presi la vita con una mano e la sollevai, ricomponendola sulla poltrona, rifacendole intorno