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Solo l’eunuco, custode dall’harem, accoccolato sulla soglia piangeva dirottamente e stracciavasi il turbante.

— Che mai avvenne? — chiese il filosofo oltre ogni dire meravigliato e perplesso.

— Mio signore — gemette l’eunuco trascinandosi carponi a’ suoi piedi — una orribile disgrazia ci ha colpiti. Aïssa, l’incantevole Aïssa, bella come il raggio del mattino che brilla sulle vette del Caucaso, elegante come il palmizio che si specchia nelle onde del Tigri, dolce come i profumi che il vento ci reca dall’Yemen, candida come la perla appena formata nel grembo dei mari, maestosa come i cedri...

— Parla, miserabile. Che avvenne di lei?

— È sparita. Nell’harem desolato echeggia il suono della sua voce divina; il morbido divano conserva tra le pieghe di raso l’impronta della vaga persona; geme nel bagno di porfido l’acqua che accolse le bellissime forme e sulla mensa apparecchiata si raffredda la torta di ribes.

— Sparita! sparita! — ripeteva Nourredin — ma come? quando? perchè?

L’eunuco tirò fuori una lettera nascosta gelosamente tra la doppia fodera del suo turbante e la consegnò in silenzio.