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— Vedete come la mia sorellina mette giudizio?

— Hum! Ne mette troppo; finirà col diventare giudiziosa al pari di voi.

Queste parole io le scambiavo ridendo colla mia fidanzata in uno di quei brevi momenti che la mamma ci lasciava soli.

Elisa ricamava, seduta nel vano della finestra aperta. A’ suoi piedi, sulla gradinata di marmo, si intrecciavano i rami del caprifoglio e sopra la sua testa una bruna ed esile pianticella di gelsomini imbalsamava l’aria intorno a lei.

Questa figlia di principi aveva nel suo insieme, nell’espressione dolcissima della fisonomia, una grazia pura, direi quasi villereccia. Il diadema di brillanti che le regalerò per le nozze non la renderà più bella; non è adattato per la sua fronte verginale troppo timida e troppo modesta.

Così, com’eri in quel giorno, seduta sotto i gelsomini vorrei dipingerti o Elisa, cara metà dell’anima mia!

Il suo sguardo sereno, innocente, errava su di me avvolgendomi in un fluido soave tutto amore e poesia.

Non mi ero mai sentito tanto vicino al cielo.

— Elisa, tralasciate di lavorare; sono geloso di questo ricamo che vi occupa troppo.