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— Chi sei, tu che mi fai fremere, palpitare, commuovere, agire a tua voglia? Chi sei, tu che amo?...

Giunsero quando Dio volle alla sponda. Patrizio uscì dalla barca per entrare in una carrozza e si fece condurre alla casa di Gildo.

Durante il tragitto il fanciullo per metà rinvenuto piangeva, e Patrizio agitato, turbatissimo, gli teneva la testa stretta sul suo cuore che batteva rapidamente.

Lo portò a braccia su per le scale, lo depose sul letticciuolo dove egli stesso aveva riposato una notte e non potendo più reggere al tumulto delle idee e delle sensazioni:

— Gildo — esclamò — Gildo, per pietà!

Gli si fece vicino; tornò a prendergli le mani, ma Gildo tentò ritirarle. Volle guardarlo dentro gli occhi, ma Gildo abbassò le palpebre. Con un movimento rapido e insensato accostò le labbra alle guance pallide del fanciullo — un grido gli rispose — e Patrizio raggiante, senza staccare le labbra da quella guancia, mormorò:

— È dunque vero?