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Su questo argomento fra Gildo e Patrizio non si discorreva mai. Gildo non gli aveva fatta nessuna domanda in proposito, imitando il riserbo che Patrizio usava a suo riguardo; — così il tempo passava legando sempre più con vincoli arcani e misteriosi la loro bizzarra amicizia.

Sulla fine di maggio, ricorrendo l’anniversario d’Augusto, venne combinata fra gli studenti maggiori una partita di piacere. — Patrizio, anima di tali baldorie, fu il primo ad essere invitato.

Nè Gildo vi doveva intervenire, nè Patrizio lo avrebbe voluto, sapendo per lunga esperienza come andava a terminare la festa. Egli fece dunque un bel sermoncino, la sera prima, esortando Gildo a ritirarsi presto e dicendogli che l’indomani non si sarebbero trovati perchè aveva degli affari.

Il fanciullo lo guardò fisso fisso, tremando, quasi avesse paura di indovinare la verità e pur volendo indovinarla. Però non fece alcuna osservazione; soltanto al momento di dividersi prese con vivacità la mano di Patrizio, esclamando:

— Ricordati!

— Di che cosa? — domandò Patrizio ridendo.

— Di me...

Patrizio gli toccò la guancia colle due dita in atto scherzoso.