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In regola generale le donne fino ai quarant’anni adoravano Patrizio; più in là ne dicevano corna.

Oltre gli uomini saggi e le donne vecchie, militavano contro Patrizio i suoi numerosi creditori, ond’è che egli non aveva un domicilio stabile; trovando spesso di qua e di là degli usci aperti, si era persuaso che una camera propria fosse una superfluità; se posava il piede come una rondinella stanca delle sue escursioni sotto il tetto della Croce Bianca era sempre con un’attitudine precaria, disposto a spiegare il volo da un momento all’altro. (Questa instabilità, voglio dirlo, dispiaceva oltremodo alla cappellaia dirimpetto).

Dunque Patrizio, dopo aver pranzato, non suggerendogli il suo stomaco vigoroso nessun bisogno fittizio di digestivi, deliberava tranquillamente sul modo di terminare la sera, quando il cameriere dell’albergo, soprannominato Piedolce, gli si avvicinò recandogli su d’un piatto di maiolica una grossa lettera e mezza dozzina di sigari.

Patrizio guardò sospettosamente e l’una e gli altri; dichiarò subito i sigari cattivi e riconosciuta la calligrafia della lettera si disponeva a farle subire la solita trasformazione alata — ma un urgentissima scritto in stampatello, colla erre all’antica, gli fece cambiare pensiero.