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In quel caratterino di dodici anni si manifestavano geroglifici complicatissimi abissi profondi. Molte volte si era tentati di credere che una vera donna si nascondesse sotto quell’abitino di lana bianca — una donna appassionata e fantastica — tanto lo sguardo era carico di scintille e la fronte di pensieri. Aveva dei sorrisi da civetta consumata; ma sorrideva così anche alla sua bambola.
Non era molto alta, nè molto complessa; la struttura fisica era proprio da bambina, le mosse no.
Salutava come una signora, piegando la testa; sedeva con una grazia somma; si alzava con dignità. Camminando, non si vedeva in lei quel portamento dinoccolato oppure ligneo delle altre fanciulle. Un’armonia seducente la dominava tutta. Qualche cosa della mollezza orientale piegava il suo agile fianco e dietro il tessuto dell’abito, il disegno delle spalle si presentava già con una finezza da scalpello greco.
Che braccini delicati uscivano dalle sue maniche un po’ corte! Le mani erano un portento.
Io domandavo molte volte a me stesso che meraviglia sarebbe diventata e quale uomo mai avrebbe avuto la presunzione di amarla. Per me, una bellezza tanto singolare mi faceva quasi paura.
Assolutamente la principessa era troppo indul-