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o fosse debole il proposito o saldo l’affetto, non riuscì.

Le scene meste che la circondavano, la monotonia della sua vita, la mancanza di una madre, di una sorella, tutto contribuiva a sostenere quel fantastico amore. A poco a poco Clelia ne fece la sua unica gioia; gioia intima, ideale, poetizzata dal sacrificio.

Viveva con lui nei tiepidi mattini di primavera, quando il verde dei boschi rifulgeva al sole e sembrava stendere sulla pianura un manto di pace e di silenzio. Viveva con lui nelle notti placide, seduta alla finestra, col capo sul davanzale, ascoltando i rumori lontani, e nelle notti burrascose, rannicchiata nel suo lettuccio, colle mani giunte, pregando Iddio!

Molte volte si recava sui prati che circondavano l’Abbazia, presso il luogo dove lo aveva visto la prima volta, nella segreta speranza di rivederlo ancora, e interrogava gli alberi, i sassi, i fili d’erba; credeva di trovare una sua traccia. Non trovava nulla e tornava malinconica alla sua cameretta, alla sua finestra, al lettuccio confidente discreto d’ogni suo pensiero.

Intanto passavano i mesi, dopo passarono gli anni.