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Clelia lo seguì malinconicamente cogli occhi sospirando. Oh! se anche lei avesse avuto le ali.
Nella giornata qualcuno venne a dire che il Disertore era stato preso; poi la notizia fu smentita, poi riconfermata. Clelia moriva fra le ansie del dubbio; non aveva mai sofferto tanto.
La notte che segui fu peggiore ancora della prima per la povera fanciulla; ma alla mattina un biglietto sulla sua finestra le recò queste tre parole: Grazie, son salvo.
Tre sole parole che agli occhi di Clelia rifulsero come caratteri d’oro, che le parvero belle ed espressive come un lungo poema d’amore — parole che baciò, che ribaciò — fortunate parole, cui era destinato per dimora ignota e santa un seno di donna.
Forse, nei suoi sogni giovanili, ella s’era formato un concetto diverso della prima lettera d’amore. Forse aveva desiderato anche lei, come tante altre, un foglietto di carta lucida, rosea, tutto coperto di una scritturina nervosa e colla frase sacramentale: «Dal giorno che vi ho veduta...»
Ma pazienza. Il Disertore aveva ben altro a fare che distillar delle frasi. Del resto, i suoi occhi e la sua stretta di mano le avevano già detto tutto.