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passo, salgo lo scalone, m’inchino alla principessa e con Elisa ricambio uno sguardo che valeva un abbraccio d’amore, intanto che l’etichetta mi costringeva alla solita banale stretta di mano.

La principessa è una buona donna e una tenera madre. Ella si accorge del nostro imbarazzo e per darci agio a rimetterci parla in fretta di cento cose. Mi chiede notizie della città e della Corte — non per saperle, almeno — perchè subito dopo mi tesse l’elogio del suo pappagallo e del cactus della sua serra.

La mamma parla e noi ci guardiamo; il tempo scorre deliziosamente.

— Oh, ma — dice la principessa — e Nora che non si vede?

— Vado a cercarla? — domanda Elisa, alzandosi.

— Sì, figlia mia, va.

Elisa esce. I miei occhi e il mio cuore la seguono.

— Andiamo — dice la mamma ridendo — signor diplomatico!

Dopo un tempo abbastanza lungo, occupato dalla principessa a intrattenermi in quel modo piacevole delle matrone che non sono cascate nel bigottismo, Elisa ritorna sola.