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reola, e il suo timido cuore innocente palpitava sul terzo bottone del mio soprabito. Fu una notte di cielo!

Wilhelmine mi chiese di lasciarla morire fra le mie braccia — ed aveva abbandoni così casti, ebbrezze così pudiche ch’io mi sarei prosternato ai suoi piedi come sui gradini di un altare.

— O Wilhelmine, cherubino dai capelli d’oro mi amerai sempre così?

E Wilhelmine oppressa dall’emozione, pallida di languore, col capo abbandonato sul mio petto rispondeva:

— Chiedi al fiore se in ogni mattino sarà aperto al bacio della rugiada, chiedi al zeffiro se cesserà di accarezzare i platani frondosi, chiedi al ruscello se rallenterà il suo corso, chiedi al sole di domani se brillerà ancora sulle nostre teste!...

— L’aria è un po’ fredda, per te, mia divina!

— Posa la tua mano sul mio cuore e mi sentirò avvampare. Tu sei la mia vita.

L’allodoletta cantò e noi non l’udimmo.

L’alba che spuntava dietro le creste dei monti ci sorprese abbracciati. Wilhelmine si coperse di un incantevole rossore.

— Addio mio puro giglio! — esclamai ebbro di felicità.