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Sull’edera rossiccia che pendeva dal muro la figura ammirabile della mia matrigna si disegnava più bella che mai; la sua fronte un po’ pensierosa non riusciva ad ombreggiare il lampo degli occhi, splendidi. Vista così, in alto, coi tre fanciulli che le si aggruppavano alle vesti, col busto gettato all’indietro e il braccio teso verso la carrozza che partiva era degna del pennello di un artista.
Fino all’ultimo, come nel primo giorno che la vidi, la sua meravigliosa bellezza mi soggiogava con un fascino strano, misto di simpatia e di acre invidia. Continuavo a guardarla, gustando un piacere pungente nel tenerla tutta occupata di me, immaginando che in quell’istante nessuno avrebbe potuto togliermi la sua attenzione.
Ma la piccola Maria, saltellando, cadde per terra, ed Aurora si precipitò verso di lei.
La carrozza intanto voltava l’angolo... Aurora non pensava più a me.