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introduzione | 41 |
degli amici (vedi Saint-Lambert); e mandando i propri figli all’ospedale (vedi il sovranamente antipatico Rousseau), questi signori dissertavano in modo ammirabile sulla virtù e sulla morale. Troppo deboli forse per praticare essi stessi quella che chiamavano con tanta compunzione la virtù, le rendevano almeno il tributo rispettoso che si concede ai morti, quando il lugubre convoglio ci passa accanto rompendo le file gioconde della vita. Lo sapevano bene gli spensierati gaudenti, che in quel crogiuolo dove facevano fondere gli averi e resistenza si consumava un tesoro anche più prezioso, la forza dell’ideale, ma spinti ciecamente alla rovina polverizzavano come il principe di Conti i loro diamanti per cospargerne i madrigali delle belle.
Uno però di questi pazzi dell’ingegno splendente merita una particolare simpatia ed un più lungo indugio per il calore e per la luce che uscivano a fiotti dalla sua anima, per la sincerità delle sue passioni, per l’ardore della sua sensibilità. «Chi non ha conosciuto Diderot che nei suoi scritti non lo conobbe punto. Bisognava ascoltarlo quando, parlando, tutto il suo volto si illuminava e la sua