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introduzione | 39 |
del pubblico nei suoi divertimenti. Si può immaginare madamigella Lespinasse, la quale sveniva all’udire una frase volgare, assistere a rappresentazioni del genere del Tacchino o dell’Albergo del libero scambio? Non credo nemmeno che la marchesa Du Deffant, per quanto poco suscettibile di scrupoli, le avrebbe trovate convenienti, e certo la signora Geoffrin, ravvolgendosi nella sua mantiglia, avrebbe lasciato il palco mormorando il suo celebre: Voilà qui est bien, col quale frenava in casa sua gli sdruccioli della conversazione. Oh! la signora Aine, quella sì, si troverebbe a tutto suo agio nel repertorio moderno, ella che certamente doveva sbadigliare all’Orfeo di Gluck; ma è sicuro un peccato che mentre il livello morale delle famiglie tende notevolmente a rialzarsi e la dignità del vincolo coniugale assurge a sempre più alto concetto, la sensibilità pubblica sia poi così scarsa da permettere che donne oneste assistano senza nessuna indignazione a spettacoli degni solo di una madama Aine.
La signora d’Epinay racconta nelle sue Memorie una tipica conversazione — tipica appunto per