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la contessa di genlis 243


Essendo diventata madre, anche questo avvenimento, data la novità e la diversità di sensazioni, la occupa per qualche tempo, ma superficialmente, come faceva tutto; poiché nessun cambiamento si scorge nel suo carattere e nelle sue abitudini, nessuna evoluzione interna la guidi a più serio e dignitoso concetto della vita. A Parigi, tanto quanto in campagna, le maschere la assorbono. Va nelle guinguettes dei sobborghi, in abito da cuoca a ballare coi palafrenieri e confessa di non essersi mai divertita tanto.

Il figlio — l’unico maschio — le muore a cinque anni, in quella età dove si riuniscono le più squisite grazie dell’infanzia al fascino nuovo della ragione che si sveglia, e la contessa scrive: «Ne ebbi tanto dispiacere che ne ammalai: mi consigliarono le acque di Spa e dopo sei settimane ero perfettamente guarita.» E consolata?... Si direbbe, a giudicare quel perfettamente, così nudo, così asciutto e duro, che nessuna madre potrà mai leggerlo senza una rivolta di tutto il suo essere.