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238 la contessa di genlis


Passati i primi giorni della luna di miele, il conte, che era ufficiale, deve raggiungere il proprio reggimento in campagna, e la sposina, come di regola a quei tempi, aspettarlo nella ospitalità dolce ed indulgente di uno di quei conventi come esistevano allora, non retto da intransigenze monastiche, ma protetto signorilmente da una abbadessa, che conservava nel chiostro il diritto delle visite mondane, delle passeggiate in carrozza privata e di un privato appartamento non spoglio di ricercatezza ed eleganza, dove le conversazioni si seguivano spiritose e mondane e si contraevano matrimoni ed affari tanto e quanto nei salotti profani.

Parebbe che la neo-contessa, in un ritiro che nulla aveva di austero, dovesse trascorrere i giorni nella soave impazienza del suo diletto, in lunghi e segreti desiderii confortati dalle gioie di una vita appassionatamente interna.

Parrebbe che quell’amore così nobile e poetico, così fatto per riempire un cuore sensibile ed una immaginazione delicata, avesse dovuto maturarla, come veramente maturano sotto i raggi del so-