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236 la contessa di genlis

teggiata ed adulata, di formare un crocchio di ammiratori intorno a sè, di ricevere dei complimenti e delle dichiarazioni, l’arte messa al servizio della vanità infine! cosa non nuovissima fin da allora, ma che si cerca ancora di far parere nuova con ingegnosi ritocchi e dorature.

Intanto il signor Ducrest, che, lungi dal far fortuna all’estero, vi aveva perduto anche il resto della sostanza tornando, veniva a stringere relazione col conte di Genlis, giovane, bello, distinto, intellettuale, entusiasta, gentiluomo elevato e modesto, che la vanità di sua moglie soperchiò poi sempre e tenne nell’ombra; l’ideale insomma, che ogni ragazza sogna e al quale ogni donna sarebbe felice di dedicare la vita, ringraziando Iddio. Il signor Ducrest, nella sua sventura, aveva conservata una tabacchiera sulla quale stava il ritratto di sua figlia idealizzata nella posa di suonatrice d’arpa, e fu contemplando questo ritratto che il giovane entusiasta si innamorò, lasciandosi prendere alla seduzione del morbido corpicino, degli sparsi capelli inanellati, senza accorgersi che mancava a quel volto il raggio della bellezza interiore. Egli