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la signora geoffrin 183


gina, abituata a tutti gli agi. Ella era tuttavia così padrona di sè che si consolava con un ragionamento; diceva che dove altri erano passati poteva ben passare anche lei. Questo si chiama esser filosofi.

Il 24 giugno scriveva da Varsavia a sua figlia: «Sono arrivata qui il 22 verso le ore cinque di sera. Fu un mese al 21 che lasciai Parigi ed ho fatto e vedute molte cose da allora! Compii questo viaggio in perfetta salute; il cambiamento di aria e le diverse qualità d’acqua non mi hanno fatto nulla e giunsi a Varsavia come se mi fossi alzata dalla mia poltrona. Mi sono divertita molto a Vienna, ma qui mi trovo addirittura fra le delizie. Sono stata ricevuta dal re con trasporti di gioia e di riconoscenza, che non so come esprimere». Qualche giorno dopo scrive ancora: «Sto benissimo e ricevo continuamente tanto dagli uomini, quanto dalle signore i complimenti d’ammirazione sulla freschezza del mio volto, come se avessi quindici anni. Vivo qui come a Parigi. Mi alzo alle cinque, bevo le mie due granai tazze d’acqua calda; prendo il mio caffè; scrivo quan-