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174 la signora geoffrin


teva la cuffia nera, la mantiglia color pulce ed usciva. Erano visite ad amici intimi, visite ad ammalati, visite agli studi degli artisti ai quali aveva commesso dei lavori; erano pure corse nei negozi, qualche volta per sè, più spesso per conto degli altri. Gli stranieri di passaggio, conoscendo il suo gusto e la sua abilità, la incaricavano di quelle compere difficili e preziose destinate ad arricchire una raccolta artistica od a portare nei salotti esotici la nota elegante della vita parigina. Ma erano più spesso ancora corse di carità, quella carità inesauribile e intelligente che ella amava compiere in segreto senza fasto e senza rumore. Dopo una mattina così bene impiegata rientrava e non occupavasi più che dei ricevimenti, i quali si seguivano dal pranzo alla cena quasi senza interruzione. Difficilmente usciva durante il giorno e non la si vedeva mai nè al teatro, nè alle serate mondane, nè ai tavolini da giuoco così in voga fra le signore della Corte e della città. Alla domenica non riceveva e quel giorno (lo si sejipe più tardi) veniva da lei impiegato a preparare e suddividere le somme che andava poi a distribuire ella stessa ai