teva la cuffia nera, la mantiglia color pulce ed usciva. Erano visite ad amici intimi, visite ad ammalati, visite agli studi degli artisti ai quali aveva commesso dei lavori; erano pure corse nei negozi, qualche volta per sè, più spesso per conto degli altri. Gli stranieri di passaggio, conoscendo il suo gusto e la sua abilità, la incaricavano di quelle compere difficili e preziose destinate ad arricchire una raccolta artistica od a portare nei salotti esotici la nota elegante della vita parigina. Ma erano più spesso ancora corse di carità, quella carità inesauribile e intelligente che ella amava compiere in segreto senza fasto e senza rumore. Dopo una mattina così bene impiegata rientrava e non occupavasi più che dei ricevimenti, i quali si seguivano dal pranzo alla cena quasi senza interruzione. Difficilmente usciva durante il giorno e non la si vedeva mai nè al teatro, nè alle serate mondane, nè ai tavolini da giuoco così in voga fra le signore della Corte e della città. Alla domenica non riceveva e quel giorno (lo si sejipe più tardi) veniva da lei impiegato a preparare e suddividere le somme che andava poi a distribuire ella stessa ai