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130 la marchesa du deffant


di una cecità che non alterava le linee armoniche del bel volto e che ella sapeva palliare con grazia, supplendo alla luce della pupilla con una espressione attenta, con uno spirito vigile ed elastico, pronto ad afferrare tutte le gradazioni del pensiero. Sofferse immensamente ma non cedette. Nel suo cuore avido, nella sua immaginazione disoccupata, il posto lasciato vuoto da un uomo non poteva essere preso che da un altro uomo, ad onta che l’età incalzasse sempre più grave — e costui doveva essere Orazio Walpole.

Incomincia ora il periodo più curioso della vita di questa donna, il più denso di rivelazioni sulla sua psiche complessa, mista di ardore eppure rigida, comprendendo dell’amore tutto ciò che dà e nulla di quanto bisogna dargli, egoista e debole, quasi mai sincera se non nel soffrire. Poco simpatica certamente, ma resa oggetto di pietà per questo amore senile, che se è sempre un gran martoro, a mille doppi dovette esserlo per lei che si era lasciata sfuggire la divina giovinezza senza concretarla in nessun vero affetto, senza avere la coscienza di nessun ideale.