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una parte un vaso di vetro col coperchio di metallo bianco pieno di caramelle, dall’altra un vaso di vetro identico pieno di amaretti: un ferma-carte di ghisa dipinto rappresentante un gatto e un vecchio bicchiere di vino del Reno scompagnato dove, bene spesso, stava al fresco il garofano morellone, dono della maestra.

La botteguccia aveva i suoi avventori fissi. Primi, al mattino, erano i bimbi della scuola, trascinanti sull’acciottolato i loro zoccoletti, che venivano a prendere il quaderno o la penna, non senza lasciare lunghe occhiate di desiderio intorno ai due vasi delle caramelle e degli amaretti. Il campo era diviso in due fazioni: quelli che corteggiavano le caramelle e quelli che facevano l’occhio dolce agli amaretti; nè mancavano i campioni di un gusto più eclettico i quali correvano da un vaso all’altro colle pupille aguzze e la linguetta sulle labbra.

Gran momento di lotta per Chiarina! Ella aveva incominciato a dare una caramella ai più piccini, a coloro che alzandosi sulla punta dei piedi toccavano appena il banco col nasino.

Come resistere alla tentazione di vedere schiudersi quelle boccuccie di melograno e di udir