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Sulle prime Chiarina non comprese neppure la perfida allusione, ma afferrandola a poco a poco sulla fisionomia del fratello che si era decisa ad un aperto riso beffardo, giunse le mani inorridita ed alzò gli occhi al cielo.
— Non dubiterai dei nostri benefattori — disse serio serio Giovannino, senza scomporsi.
— Tu taci che non sai nulla.
— E tu cosa sai?
— So.... so.... che siete due asini.
Rise ancora del suo riso cattivo terminandolo con un fischio. Poi fece una giravolta sui tacchi e con un bastoncello che teneva in mano si pose a percuotere il cancello su cui rampicava leggiadramente una piantina di caprifoglio.
— Lascia, lascia; fai cadere i fiori.
— È quello che mi diverte.
Chiarina si sentiva venir meno.
— Non sei in casa tua — arrischiò.
— Già. A proposito, dammela la chiave di casa mia. Ho voglia di vederla.
— Non vieni prima a salutare la signora?
— Che signora? Non m’impiccio con signori io. Ciò è buono per voi altri due. Dammi la chiave.