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lando del quale crollava sempre il capo. Anche a lui la signora Firmiani aveva cercato di estendere la sua benevolenza con aiuti, consigli, raccomandazioni. Collocato successivamente da un fornaio, da un tornitore, da un sarto, da un cappellaio, in nessun mestiere era riuscito.

— Quando sarò grande — diceva Giovannino — apriremo insieme una bottega.

Fare, rifare, vendere, queste idee erano già ben definite nella mente di Giovanni. Per la gran festa del villaggio, S. Anna, egli stava preparando, oltre alle sue gabbiette, una quantità d’altri balocchi copiati da quelli che Mariuccia aveva portati da Milano: banderuole, stelluccie di carta che giravano al vento, piccole scale, omini che muovevano la testa. Chiarina, messa in emulazione, lo aiutava del suo meglio: fabbricarono così fra tutti e due un teatrino con marionette vestite di seta che fu il grande successo della festa di quell’anno.

— Ecco — disse allora qualcuno in paese: — questo ragazzo che mostra di avere tanto ingegno se fosse ricco studierebbe e potrebbe diventare un grande uomo; invece fabbricherà burattini per tutta la sua vita.