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Chiarina leva di tasca una chiave ed apre la porta. La cucina si presenta subito linda e pulita col poco rame ben terso, coi piatti fiorati posti in bell’ordine sulla credenza. Oh! come silenziosa ora la piccola cucina risuonante un tempo delle grida dei fanciulli! Come vuoto e triste il focolare dove la mamma soleva accendere così allegre fiammate! Chiarina sospira e si affaccia alla soglia della seconda stanza dove giacciono inoperosi i telai, anche più tristi, anche più vuoti colle loro braccia stecchite che mai più si agiteranno nella vita. Sale poi al piano superiore e spalanca la finestra per dar aria alla camera dei suoi genitori, la più bella, quella che dà sulla loggia: e qui si ferma.

Un’onda di tenerezza le gonfia il petto, le fa tremare la gola davanti al talamo dei suoi genitori. Morti entrambi ancora giovani, e che si volevano tanto bene! La culla dove avevano dormito successivamente i tre figliuoli, prima lei, poi Giuseppe, ultimo Giovannino, appare in un canto, vuota anch’essa, immobile, e Chiarina pensa quante volte premendone l’altalena col piede la madre vi aveva addormentato i bimbi accompagnando il movimento di ondulazione