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che il sole entra vittorioso e Chiarina con esso, volgendo attorno timidi sguardi di persona che cerca e teme nello stesso punto.
— Che effetto ti fa?
— Un sogno.
Ella tocca le pareti, gli stipiti; mette il capo ad una finestra, si china sul focolare, batte il piede sopra un punto del pavimento dove una mattonella traballava una volta e che non traballa più. — l'hanno aggiustata — pensa.
— Andiamo di sopra?
Chiarina vola. La scala è la medesima: diciotto gradini; gli ultimi due di sbieco un po’ più alti degli altri. Attraversa la camera dei ragazzi ed entra nella camera di sua madre, quella che sempre le apparve come un domestico santuario, un luogo privilegiato e santo. Come è bella, chiara, allegra! Come dolce passarvi l’esistenza!
Sul loggiato pieno di sole osserva le piantine che verdeggiano dentro a cassette di legno nuove. Non è più la glicine di una volta, ma è glicine ancora: non sono più gli stessi garofani, ma sono anche questi garofani morelloni.
— In qual modo stanno qui? — si volge a suo fratello. — Chi li coltiva?