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la memoria e alimentato l’affetto. E se un giorno per ignoti eventi, per casi felici, per tristezze insanabili egli ritornasse al nido, oh! come lo troverebbe ancora tiepido e coperto di piume!
Dal suo angolo buio, Enzo fece un movimento che lo portò in pieno raggio lunare. Si fermò, colla faccia rivolta alla finestra, nel vano della quale delineavansi le figure dei due fidanzati e parve a Chiarina che sospirasse lievemente. Era la stessa posa (il ricordo le scattò lucido e improvviso) che egli aveva avuto in quel lontano giorno luminoso della botteguccia di Matteo. Colla posa, col gesto, le ritornò alla mente anche una frase da lui pronunciata allora e tutta palpitante mormorò:
— Si ricorda, signor Enzo, ciò che disse una volta, or sono tanti anni, tanti... «Noi non sappiamo nulla di ciò che ne riserba l’avvenire».
Enzo corrugò le ciglia quasi per forzare le immagini ad uscire dalla sua memoria e non rispose subito.
— Era un giorno d’estate caldissimo; la botteguccia di Matteo chiusa dietro le imposte e scura... Lei entrò. Doveva prendere non so che