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— Che sarà mai di lui quando avrà scontata la pena? — chiedeva angosciosamente Chiarina a Giovanni.

Giovanni era triste e preoccupato. La sua lucida intelligenza, il senso pratico della vita che egli possedeva in sommo grado non gli permettevano di farsi molte illusioni. Talvolta Chiarina diceva: — Forse questa dura lezione gli servirà per l’avvenire. — Giovanni però crollava il capo.

I piccoli sollievi che il regolamento del Penitenziario concedono ai carcerati non mancarono a Giuseppe. Aiuto di denari, aiuto di consigli e di affetti, tutto ciò che fu possibile i suoi fratelli lo fecero; ma quando si venne a parlare dei progetti per il futuro e Giovanni gli fece alcune proposte per regolare la sua esistenza vagabonda, Giuseppe si scosse come una belva nel laccio e rispose male.

— Ma non è figlio di nostro padre e di nostra madre? — gemeva Chiarina — non è sangue nostro? Io voglio gettarmi ai suoi piedi e scongiurarlo per la memoria dei nostri genitori a non voler macchiare ancora il nostro nome onorato.

— Lascia — rispose gravemente Giovanni: — se egli non ha visto co’ suoi occhi e non ha