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Aveva un debole per le parole poco comuni. Parlando di un fanciullo che si rosicchia le unghie lo chiamava affetto da onicofagia e i piccoli ladruncoli erano sempre per lei dei cleptomani. Non si sarebbe in alcun modo adattata a parlare del terremoto se non chiamandolo moto tellurico e posta fra il dire: le chiedo scusa, o le chiedo perdono, sceglieva: le chiedo venia.
Unica fra tutti i vicini madama Cauda non aveva ancora avuto occasione di stringere conoscenza colla sua vicina più immediata, la bella sposa che abitava l’appartamento contiguo sullo stesso pianerottolo: ma per aver tardato non perdette la posta, che fu anzi quello l’avvenimento importante dell’anno.
Si era nei giorni più caldi dell’estate e la bella sposa in seguito a una terribile baruffa col marito, occasionata dal rifiuto di un abito nuovo, aveva incominciato a stracciarsi quello che aveva in dosso gridando che preferiva andar nuda piuttosto che mal vestita. Con tutte le finestre aperte i vicini poterono presto verificare il fatto che seguì da presso la minaccia e le ringhiere si popolarono di curiosi. Walter, da una specola, scelta con molto acume, sembrava divertirsi assai.