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Infatti tutti coloro che la vedevano rizzata sul suo seggiolone dietro il banco, co’ suoi scialletti in diverse gradazioni di foglia morta, un po’ più secca, un po’ più giallina d’anno in anno, ma insensibilmente e senza bruschi trapassi, con quel sorriso opaco, con quegli occhi di scure veroniche, non avrebbero formulato intorno a lei neppure il sospetto di un pensiero che lontanamente somigliasse all’amore. La signora Chiarina, per tutto il quartiere, non era una donna. E se qualche volta avveniva che udendo parlare d’amore e d’amanti le salisse una rapida fiamma al viso, i più furbi dicevano: Poverina, arrossisce perchè non sa che cosa sia!

Banco e casa. Un’ora alla domenica nella bella chiesa di S. Eustorgio; qualche visita ai signori Firmiani: qualche parola scambiata colla signora Cauda, qualche opera buona compiuta insieme. Tale la vita esteriore di Chiarina. Le cure alla sorella della povera Gigia le assorbivano quel po’ di tempo disponibile tra una faccenda e l’altra. Ella aveva oramai la certezza di averla salvata e quando venne per l’operaia in nastri il giorno di cambiare alloggio, Chiarina sapeva che non avrebbe più osato infierire