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Chiarina osservò per la prima volta il giovinotto vestito di nero. Aveva una faccia di un pallore terreo, la fronte larga solcata da rughe sottili e illuminata da due occhi cavernosi e ardenti, cinti di bistro. Le sue mani lunghe e magre disegnavano nel gestire scatti e fremiti di pantera. In fondo alla sua voce leggermente velata tremavano bramosie acute. Dopo di avere pronunciato con veemenza quelle tre parole che riuscirono incomprensibili a Chiarina si ritirò e il dottore fece lo stesso.

Per un paio d’ore il silenzio non fu interrotto che dalla tosse sottile della tisica; la piccina si era addormentata e Chiarina libera finalmente co’ suoi pensieri gustava la nota voluttà dei ricordi.

A poco a poco scendendo la notte i casigliani rientravano, riempiendo l’aria di grida, di risa, di qualche bestemmia, quasi tutti alticci, tranne i fanciulli che o dormivano in braccio alle madri o si facevano trascinare piagnuccolando. Chiarina stava per coricarsi quando si vide capitare in casa la Virginia