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che si stende tra Varese e il lago Maggiore. Dal quarto piano dove più fitte si ammucchiavano le famiglie, una voce canora di napoletana gettò improvvisamente questa esclamazione «Una grande città Milano? ma se non c’è nemmeno la scarola!» — e buono per lei che la portinaia erbivendola (milanese autentica) stando nella botteguccia al basso non la potè udire.

La lavorante in maglie col marito e coi loro quattro diavoli vestili della festa erano partiti all’alba dando la sveglia a tutto il vicinato. La famiglia di un portiere che le stava accanto sulla stessa ringhiera era pure partita colla corsa delle dieci per Monza; quantunque il giorno prima avesse fatto sparire dalle camere gli arredi più vistosi, collocandoli presso un vicino compiacente in attesa della visita domiciliare che dovevano farle le Dame della carità per ottenere un soccorso. Partita, non se ne parla nemmeno, l’operaia in nastri col suo uomo. Partiti due muratori che abitavano una soffitta sotto il tetto. Partito il lavorante in marmi. Vuotata da cima a fondo la scala brulicante al di là del cortile...

— Vedete — disse Chiarina sorridendo