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— Non è fortunato! — ripeteva Chiarina nel discendere le scale. — Che cosa gli manca? È giovane, è ricco, ha ingegno, ha studi fin che ne vuole, ha letto tanti libri... che cosa gli manca? E che cos’è infine la fortuna? Si può esser fabbri della propria fortuna?
Forse sì; ma occorrono qualità speciali, e quando mancano non è proprio allora che si è sfortunati? Oh! quello sguardo che si fissava sempre lontano dove guardava? dove?
Uscendo dalla parte opposta di via Gesù, a traverso via della Spiga, Giovanni condusse sua sorella nei giardini pubblici. Alla vista dei verdi boschetti, delle aiuole fiorite, dei piccoli laghi sulle cui rive passeggiano uccelli variopinti, Chiarina prese vivo diletto. Era come una continuazione delle belle cose osservate in casa Firmiani, che nell’animo delicato della giovine donna suscitavano un calore simpatico e una spinta alla elevazione. La bellezza produceva in lei l’effetto raro e magnifico di ispirarle sentimenti nobili e buoni, di tenerle quasi luogo di felicità.
Per questo la malinconia di Chiarina era sempre dolce, e dolcissima fu in quel giorno pieno di commozioni in cui aveva inutilmente sperato