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vissuto insieme la breve esistenza di pace e d’amore nella piccola casa; così piccola che già ragionavano intorno alla possibilità di aggiungervi un paio di camere quando i figliuoli fossero grandicelli e quando il lavoro di tessitura a cui accudivano in comune e che era un po’ scemato negli ultimi anni, si rialzasse. La morte invece li aveva falciati l’un dopo l’altro, in pochi giorni, con una di quelle malattie fulminee e crudeli che fanno pensare a ignote potenze odiatrici degli uomini.
Seduta sulla soglia, l’orfanella riportava tratto tratto lo sguardo dal lontano orizzonte ai suoi due fratelli che si rincorrevano dal prato alla strada, attaccandosi alle carrozzelle per farsi trascinare qualche passo, sollevando a lor volta, nel ricadere, nuvole di polvere entro cui scomparivano quasi per intero. Non toccava i sedici anni la fanciulla, e ne dimostrava anche meno colla tenue persona sopra cui il volto pendeva inchinandosi con un abbandono di fiore intristito, meschina nel suo abituccio di lutto.
Ella sola, dei tre, comprendeva l’estensione della loro sciagura e guardava ai fratelli, sopratutto al piccolo Giovanni che portava il