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operai e di fanciulli, le grida dei quali si mescevano in alcune ore del giorno al rumore dello scalpello formando un ronzio indistinto e fastidioso.
Era in questa casa, in fondo alla ringhiera del terzo piano, che Giovanni aveva trovato due camere per sè e per la sorella. Ampie, chiare, pulite, non sfuggivano però alla legge comune per tutti gli altri inquilini del rumore e della polvere. Ciò che mancava sopratutto a Chiarina era un po’ di verde; da nessuna parte si scorgeva nè un albero, nè un cespuglio, nemmeno un vaso di fiori che sarebbero senza alcun dubbio intristiti in quell’aria polverosa; ciò le faceva rimpiangere la sua glicine di un tempo e i suoi bei garofani. Per consolarsi la vista con un po’ di verde naturale si doveva fermare qualche volta dinanzi ai ciuffi di insalata, ai sedani rigogliosi ed agli spinacci della portinaia.
Nelle loro nuove camere Giovanni aveva adattato per bene la vecchia mobiglia, non senza puntellarla qua e là e sorreggerla con viti e con chiodi. In quella dove dormiva Chiarina, che era la seconda, riunirono i mobili migliori il letto e il canterano della madre: