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Il terzo e il quarto piano si trovavano disposti in altro modo. Invece del pianerottolo la scala metteva capo a una lunga ringhiera sulla quale si aprivano gli usci delle diverse abitazioni, quasi tutte di una o due camere occupate da operai e da piccoli impiegati, tutti carichi di figli, per cui le scale erano percorse continuamente da ragazzetti d’ogni età; e chi discendeva piano nella paura di cadere, chi correva, chi saltava, chi si metteva a cavalcioni del parapetto lasciandosi scivolare fino in fondo; chi, dovendo portare un involto od una cesta, preferiva ruzzolarla di branca in branca a pedate; chi zuffolava, chi rideva, chi piangeva, chi faceva correre le cicche (1) sul pianerottolo e i carrettini sulle ringhiere, chi si azzuffava negli angoli, chi pigliava improvvisamente una volata di scapaccioni da una madre inviperita con lungo seguito di rimproveri e di strida.
E questo era solamente il davanti della casa. In fondo al cortile, dove stava il lavorante di marmi, una seconda scala, più brutta e
(1) A Milano si chiamano cicche certe palline di vetro a diversi colori colle quali i ragazzi giuocano volentieri.
più sucida, accoglieva un altro brulichio di