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scorgere in fondo alla navata oscura l’altare di S. Anna parato di rosso, con uno sfolgorio di ceri tra vasi di garofani e di dalie; altare che tutte, le donne avevano visitato raccomandandosi particolarmente, intanto che gli uomini davano frequenti capate all’osteria del Vitello bianco e i fanciulli schiamazzavano intorno ai banchi di zucchero filato, dove c’erano pure delle piccole bottiglie di cioccolata col cappuccio d’argento e delle ochine piene di rosolio che facevano venire l’acquolina in bocca.

Sul nastro della via provinciale che appena fuori del paese si slanciava attraverso i campi, una casetta sorgeva in così amena posizione che ognuno passando la seguiva con un’occhiata di desiderio, accarezzando la macchia graziosa del tetto vermiglio tra due alti pioppi posti quali giganti alla difesa di una culla e col digradare morbido di un praticello che la isolava lasciandone integra la visuale di una semplicità dolce e serena.

Era una povera casetta a un sol piano con due finestre a terreno e due in alto le quali sole godevano il beneficio delle persiane, essendo protette le altre da grossi scuri di legno grezzo; ma sul fianco correva una log-