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— Se uscissi sola mi perderei sicuro — diceva Chiarina stringendosi contro al fratello.
— Sicuro — confermava Giovanni.
E Chiarina guardava con sbigottimento i viandanti che si avventuravano fra quelle tenebre, ombre evanescenti che appena intravedute sparivano come inghiottite da un abisso. Le carrozze che passavano munite di campanelli, i fanali accesi che punteggiavano di occhi fiammei l’impenetrabilità dello spazio e quel grande, quello sconfinato mistero sceso su tutte le cose, e l’impossibilità in cui si trovava di orientarsi in un ambiente che non conosceva ancora, la riempivano di stupore.
— Stanno vicino i signori Firmiani? — domandò una volta improvvisamente a suo fratello.
— Tutt’altro. Stanno al lato opposto.
Queste parole tolsero a Chiarina una segreta speranza ch’ella aveva fino allora vagheggiata nel profondo del suo pensiero: la speranza di veder passare da un momento all’altro o il signor Firmiani, o Mariuccia, o...
— Milano è tanto grande — soggiunse Giovanni, che chi sta in un quartiere può anche non mettere mai piede in un altro.