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asciutto mettendosi un asse sotto ai piedi. Cuciva, cuciva, cuciva alacremente, immersa in quella soddisfazione tutta femminile di vedersi crescere sotto le dita gli orli ed i sopraggitti. Lavorava ancora all’antica, senza macchina, perchè la macchina da cucire non era ancora penetrata nelle abitudini del paese dove la si conosceva solo di nome; ma i suoi orli erano molto apprezzati e de’ suoi sopraggitti si diceva che avevano i punti uniti ed eguali come i dentini di un sorcio.

Così agucchiando ed alzandosi ad ogni poco per ricacciar fuori il rigagnolo della piova quella che avrebbe dovuto essere una giornata interminabilmente uggiosa le passò quasi senza accorgersene. La sera la colse mentre infilava l’ago per una nuova cucitura.

Pensò che a momenti sarebbe arrivato Giovanni fradicio con quel tempaccio e corse nella attigua cameretta ad accendere il fuoco. Aveva già appesa la pentola per la cena quando suonarono le sette. Giovanni tardava. Si fece un po’ sulla soglia a guardare da lontano, ma si bagnava tutta e rientrò; dopo qualche istante tuttavia tornava a riaffacciarsi alla porta, inquieta, non sapendo in qual modo