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gli ombreggiavano il labbro, e il labbro stesso per un istante dischiuso nella sua freschezza vermiglia di ferita...

A che cosa pensava Enzo? Dovera, dov’era la sua anima? In quale sogno? In quale plaga? stava forse per parlare? Quale parola avrebbe pronunciata? E se anche non avesse parlato ma fosse rimasto sempre lì, davanti a lei, riempiendo tutta l’aria?... Sì, questa era l’impressione esatta di Chiarina: tutta l’aria piena di lui. E il mondo, la vita, l’eternità, ogni cosa riunita in quell’istante nel breve spazio semibuio della botteguccia.

Enzo toccò col piede la striscia sottilissima di sole che filtrava attraverso le imposte dell’uscio e Chiarina guardò subito quella striscia cercando di indovinare in qual modo aveva potuto attrarre la di lui attenzione. Credendo finalmente di aver compreso, balbettò:

— Le dà noia?

Come uno che sente da lontano il suono di una voce ma non distingue il significato delle parole Enzo sollevò gli occhi a guardarla.

— Le dà noia? — ripetè Chiarina assaporando con tutte le fibre il piacere di vederlo pendere da’ suoi detti.