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indisposto; aveva delle fatiche straordinarie di professione, delle noje, delle seccature infinite; il suo scetticismo tornava a galla; imprecava alla vita. E Maria a consolarlo con tutte le tenerezze della donna innamorata.

Ma quell’amore non bastava ad Emanuele perchè egli non credeva all’amore. I suoi sogni giovanili si erano dileguati davanti a un convincimento, sempre crescente, che l’amore non è altro che illusione. Tolta la necessità materiale di unirsi ad una donna, il giovane scettico non vedeva, non sentiva altro. L’affetto appassionato di Maria se, qualche volta, riusciva a scuoterlo e a commuoverlo, gli lasciava però sempre lo sgomento di una grande aberrazione.

Nei momenti più dolci, quando la fanciulla gli dava l’anima negli sguardi e sembrava implorarne la pietà, presso a cedere, una voce inesorabile gli mormorava all’orecchio: Anche questo non è altro che illusione. — E si rifaceva freddo, non volendo essere trascinato in quel tumulto