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diante uno stretto passaggio esterno, coperto di vetri e tutto pieno di fiori, così che somigliava ad una serra. La camera dava sul giardino; le finestre erano chiuse, perchè la viaggiatrice sembrava molto stanca e si era ritirata quasi subito terminato il desinare.
Sofia attraversando l’appartamentino in punta di piedi, impartiva sommessamente gli ordini per il domani, raccomandando a tutti di non fare rumore perchè la signora riposava.
Ma la signora non riposava affatto. Appena entrata in camera si era gettata sopra una sedia, di traverso, colle braccia incrociate sulla spalliera e tra le braccia il capo, che si agitava tratto tratto sotto la convulsione dei singhiozzi repressi. Piccole lagrime scarse, cocenti le rigavano le guance e la bocca fremente ripeteva a bassa voce: «Emanuele! Emanuele!» con accento di spasimo infinito.
Per molto tempo rimase così, senza raccapezzare nessuna idea, schiacciata sotto il fatto