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da un cuore non avvezzo alla sofferenza e che soffriva, non avvezzo ad amare e che amava come un pazzo.

Nel suo inconscio egoismo d’uomo, Emanuele non ricordava più le ore che Maria aveva passate in una agonia di desiderio, quando egli viveva nel mondo, viveva della sua giovinezza, e a lei — a lei — erano pungolo, non balsamo i baci; aveva dimenticato il suo no crudele che doveva strappare brutalmente ogni illusione alla fanciulla pura. Lui che soffriva, lui che piangeva, non pensava che prima di lui ella aveva pianto, ella aveva sofferto; gli sfuggiva il lento lavorio di quell’anima di donna che aveva pure i suoi sdegni, le sue debolezze, le sue rivolte; e perchè non capiva, sentiva dentro di sè un avvilimento un cruccio nuovo e insopportabile.

Se Maria fosse stata commossa dal suo amore, se gli avesse detto che l’amicizia per Sofia, la dignità di sè stessa le impedivano di corrispondergli, se avesse trovato uno solo degli sguardi