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L’occhio nero e profondo che la guardava era il suo occhio, l’occhio che piaceva ad Emanuele; così egli l’aveva veduta un momento prima, colla pupilla larga, nuotante nel raggio luminoso dell’anima. Anche i capelli bruni, leggeri, che le incorniciavano la fronte piacevano ad Emanuele; e gli piaceva la linea della tempia, molle, che dava alla testa un’espressione particolare, somigliante alle madonne di Murillo. Aveva essa i bei lineamenti? No; ma la bocca morbida, i bianchi denti, il collo flessibile avevano pure attirato i baci di Emanuele; al pari della mano piccola, quasi trasparente, nella sua aristocratica gracilità. Si fermò. Un pensiero rapido, riluttante alla parola, venne a completare quell’esame; una tinta rosea le apparve sulle gote. Ella si tolse bruscamente dallo specchio.
Era meravigliata di non trovare una lagrima; si sentiva gli occhi asciutti, il cuore arido e la bocca amara, come se lo sconforto immenso di tutto il suo essere si fosse tradotto in una forma fisica di sofferenza.