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Ed era pur quello il posto dove, aspettando, aveva trascorsa la vita fino allora; quello e nessun altro, non essendosi mai mossa per nessuna circostanza, mai!

Quando fiorivano le glicini in primavera, quando ingiallivano le foglie in autunno, ed anche nel pieno estate quando le acque del canale passavano fresche e lucenti sotto le finestre portando lungi le foglie che cadevano dai rami protesi, Minna su quel balcone aveva provato fin da bambina le acute nostalgie della bellezza. Da allora il giardino di casa Sormani che era la massa di verde più opulenta offerta ai suoi occhi, la attirava colle ombre misteriose dei fitti alberi.

Ella pensava quanto dovevano essere felici le persone che vivevano là dentro; e se scorgeva una carrozza varcare il portone del bel palazzo signorile e svolazzare nella brezza lieve la piuma bianca di un cappello di donna, un’onda di sensazioni le gonfiava il petto, ardente anelito a tutti i doni della vita che il destino sembrava averle negato per sempre, ma anelito senza forma precisa, come un sogno.