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Nel frattempo si era sparsa la voce del grande avvenimento e gli amici, i conoscenti, qualcuno anche di coloro che non ne avevano l’abitudine ma che approfittarono volentieri della circostanza speciale, vennero a presentare le loro congratulazioni. L’ordine del pranzo ne fu turbato e scosse le tranquille abitudini della famiglia. Quasi tutti poi anzichè mostrarsi colpiti o ammirati o soddisfatti dell’onore conferito a un loro concittadino non nascondevano le segrete cupidigie risvegliate dalla somma che sola rendeva tangibile ai loro occhi materiali la fortuna e il merito dì Filippo Cònsolo.

Ognuno di quei visitatori se anche non pronunciava dinanzi all’eletto la cifra del premio la andava rimestando nel proprio cervello, la sussurrava al vicino, la perdeva a spizzichi ed a commenti per tutti i pori della pelle, sì che dall’una all’altra casa del paese, in tutte le vie, in tutte le piazze, nelle vòlte degli archi trionfali, non si ebbe in breve che un’eco sola ripetuta a sazietà: — Centomila lire! Filippo Cònsolo ha guadagnato centomila lire!

L’ultima visita fu quella della sottopre-