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Madre e figlio si assomigliavano moltissimo nella maschera marmorea del viso che un pallore opaco dai toni eguali spiritualizzava in singolar modo. Ed erano gli stessi occhi luminosi e freddi, di un grigio torbido, la stessa bocca sdegnosa rifuggente al bacio.

Solo la fronte che in Filippo si allargava con linee potenti, persino eccessive, dando l’impressione di una scatola cranica formata per il cervello di un gigante, si era nel volto della madre disegnata delicatamente come una cupola d’avorio sopra un bassorilievo antico.

Austera nelle gramaglie vedovili non mai abbandonate, la signora Consolo aveva in circostanze penose e scarsa di mezzi allevato cinque figli dei quali solo Filippo le era rimasto, raccogliendo l’esempio di tenacia e di inflessibilità ch’ella gli aveva dato. Egli venerava in sua madre la più eccelsa delle donne; assai più che di tenerezza il loro affetto era formato di ammirazione e di orgoglio, poichè si sentivano superiori ai loro simili e solidali in un tacito disprezzo per le piccole cose che interessavano gli altri.