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plice, un po’ umile, attrasse come sempre il suo sguardo. Tutti i giorni Filippo percorreva quel tratto di Naviglio posando gli occhi sulle medesime linee, sui medesimi colori, ma in quel giorno il suo cervello più alacre, scopriva forme e sensazioni nuove, nuove associazioni di pensieri, un senso più profondo della vita. Egli guardava al di là delle cose.
Greve e tozzo un barcone usciva lentamente sotto al ponte delle Sirene, rasentando uno di quei cortili neri e decrepiti dove le lavandaie stendono la loro malinconica mascherata di cenci dai molteplici colori sopra uno sfondo di portaccie cadenti, di gradini viscidi, di piccole finestre incornicianti un quadro di miseria ingenuamente consolata qua e là da ciuffi di verde e da qualche fiore coltivato in terrine fesse.
Ma avanzando verso porta Venezia, l’aspetto generale cambiava. Non più vecchiumi, non più luride stamberghe; le case si alzavano superbe nella loro modernità e se restava ai giardini l’aria di abbandono che hanno tutti i giardini in riva al Naviglio, era tuttavia in essi una compostezza che li