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ciate del suo lavoro, le mettevo insieme, le leggevo.... Mi perdoni signor Cònsolo tanta audacia....
Filippo fu a un punto da voltarle le spalle, seccato che quella donnicciuola si permettesse di ammirarlo e mentre gli rigovernava la camera facesse raccolta dei pezzi di carta che egli gettava sotto il tavolino. Il ridicolo della situazione gli appariva insostenibile; ma proprio intanto che stava per mettere in atto il suo proposito di troncare il colloquio gli occhi della fanciulla gli rammentarono così improvvisamente quelli di Stello, in quella stessa sera, quando una lagrima li aveva velati, che suo malgrado ristette.
Sulla superficie cinica del ridicolo passò per un istante un soffio di commozione. Non è questa la parola che corrispondeva con esattezza a ciò che sentiva Filippo, tuttavia egli subì l’impressione senza analizzarla e per la prima volta guardò attentamente la fanciulla.
Bella non era. L’incertezza delle linee, la povertà del colore, la sobrietà del gesto spiegavano a sufficienza perchè egli non l’avesse mai osservata.