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bilità entro il quale la notizia fulminea del premio correva con un impeto indomito e selvaggio di fiamma viva. La testa si conservava abbastanza fredda, ma i polsi gli battevano un poco, quando dischiuse l’uscio che dalla scala metteva direttamente alla sua camera d’onde gli apparve subito il vano della finestra aperta sulla chiarità della notte.

Tutte le sere gustava la dolcezza di quell’istante in cui le quattro pareti del suo asilo lo accoglievano colla calma fedele di un porto. Egli vi giungeva raramente stanco, ma desideroso di trovarsi con se stesso dopo gli studi assorbenti alla Biblioteca e le lezioni intense che impartiva a uno stuolo di ferventi ascoltatori nelle aule dell’Accademia scientifico-letteraria. Quella sera però, appena entrato, lo colpì un brusio di voci giù sul ponte ed accorgendosi che erano i suoi amici non ancora sazi di salutarlo, si affacciò al lungo balcone che dava sul canale dinanzi al ponte.

La luna limpidissima lasciava distinguere la fisonomia di ciascuno.

Essi erano là fermi, i cappelli sollevati