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— Vittima di amor paterno, perchè fu certamente curando il figlio che egli prese il male.
— Ciò lo rende doppiamente grande.
— Senza dubbio. Eroe del pensiero e martire dell’amore.
La frase ebbe successo. Tre o quattro dei presenti si incaricarono di ripeterla; un giovinotto che prendeva delle note a matita si affrettò a scriverla nel proprio taccuino.
— Dicono che è morto per aver curato un fanciullo ammalato di scarlattina — spiegò una donna a un’altra donna.
— Oh! poveretto!
Le simpatie si allargavano intorno al nome di Filippo Cònsolo. A molti che lo avevano udito pronunciare senza sapere qual fosse il suo valore intellettivo e ne erano rimasti forse un po’ mortificati non pareva vero di potersi rifare nel campo sentimentale e rincaravano la dose.
Qualcuno avendo annunciato che quell’uomo di tanta scienza si era degnato di vegliare una notte intera al capezzale del proprio figlio l’effetto fu così commovente che un altro facendosene il portavoce aumentò subito a tre il numero delle notti.